Per continuare la serie cominciata con tanta vis polemica dal nostro celeberrimo critico musicale Del Praz mi accingo a scrivere qualche sconsolata riga su questo nuovo parto della casa discografica di Islamabad MECCA. Grazie ai nostri potenti mezzi, decorrenti dal sovrumano VCS, siamo riusciti ad ascoltare quasi il 73% di quest'album che verrà reso disponibile nelle migliori discariche (videlicet negozi di dischi) a partire da metà del prossimo mese, alla peggio.
La divettona Fagiolia Sbattoli, che nessuno aveva notata quando cantò, con grande strepito di nari, la "Mazza glabra" di Roffini in Ascensore nel 1889, continua la sua folgorante ascesa verso i cieli della LSD (La Stilizzazione Devastanda) con questo nuovo programma, del quale ci attendiamo numerose (si fa per dire) esibizioni in pubblico come è del resto lei solita. Questa volta a passare sotto le avide fauci della belloccia cantante (nata lo ricordo nell'Apenzell da madre bergamasca, e perciò calabrese e da padre sudmessicano) è un repertorio poco conosciuto, quello delle Incastrate, ossia di quelle particolari cantatrici del secolo XVesimo cosìddette per la mole poderosa raggiunta dopo anni di studio severo, mole che consentiva a loro di ottenere quelle voci strozzate da oca all'ingrasso e che tanto hanno dato lustro a pagine di compositori stilizzatissimi quali Mandelejev, Azze, Rossoscuro, O Gallinaro ecc. ecc. Insomma, il repertorio favorito, ohimé, dei classicari di vecchia schiatta, prima che questi posassero gli occhi putti sulla produzione venerabile del grande Roffini.
Si legge infatti nell'obesa nota di accopagnamento al disco che le Incastrate, nel corso della loro formazione cominciata alla tenera età di 45 anni, e per ritardare, o addirittura interrompere il corso naturale delle cose culminanti in una avvampante menopausa, dovessero seguire un programma diurno e notturno di particolare e pesantissimo tenore. Cito dal libretto (che a sua volta cita il Tarziannus de Geine, trattatista coevo): "Le nobili pulzelle sul fiore degli anni, e prima che fortuiti calori le prendano (a segno del fior che sta molcendosi) seguiranno codesto regime ogni die et ogni notte alfine ch'elle preservino lungamente et più diuturnamente i caratteri lor belli di salute e rigogliosa baldanza juvenile. A mattutini albori assumeranno diconsi tre marmitte di tale preparato minestroso che i Toschi chiamano ribbolitta, a sesta due piatti fondi di fettucce di grano duro condite con salsa di salsiccia, a mezzodì due pasticci di maiale e rognoni di bue, a compieta sei torte di farro e strabaglione e più tardi, al Vespro, tutto sia lor concesso che non sia verde". La più celebre Incastrata, cui è stato dedicato anche un film di pessima fattura stilizzatoria, è rimasta la Farinellona, così nomata per le quantità sovrumane di pane e focacce consumate da mane a sera.
Ma veniamo alla Fagiolia, che, lo provano le effigi d'accompagnamento, ha compiutamente seguito tutte le indicazioni del de Geine. Salvo poi disattendere ogni indicazione sulle reali capacità (stiizzatissime) delle cantrici incastrate, e cioè quella del petulante filo di voce conseguente allo strozzamento dell'uvula contro la tiroide ipertrofica! Così la piacente (e sedicente, nonché sediziosa) divetta si lancia con la sua compassata, stentorea voce, in pagine che meriterebbero maggiore stilizzatezza (quella sempre) e forse più esagitazione inguinale, come le arie della Zelmiramide rimasta anonima di Rossoscuro, o la celeberrima aria di bonaccia scritta apposta dal cugino terzo della Farinellona per essere inserito nel Tortalchermesse di Azze, "Son qual nave" (e pare che fosse di gran effetto sul pubblico di allora la mossa graziosa con cui la Farinellona indicava i fianchi poderosi cantando quelle parole). Troppa voce, troppa continenza e poca stilizzatezza, dunque. Noi ricorderemo la celebre Coppiera Stimazzi in un vecchio cilindro cantare l'aria "Ombra mai fu" dal Chermesse di Mandeleiev (aria bizzarra cantata di fronte a un ombrellone difettoso), con ben maggiore sibilismo vocale e quindi stilizzatezza.
La Sbattoli è qui accompagnata dal gruppo classicaro L'Orto rumoroso. Buon pro le ha fatto perché 158 elementi sono appena sufficienti ad accompagnare il suo poderoso (e ultroneo) organo vocale.
Non forniamo il programma completo, perché questa volta è esageratamente lungo e copre quaranta dischi compatti... Senza nemmeno un'aria di Roffini!! E poi parlano di cultura! Comunque arie di Mandelejev, Rossoscuro, Azze, O Gallinaro, Tassi, Perdi, Nardi e altri della scuola dei Rantòli di Partenope in provincia di Strasburgo.
Ascolti:
Coppiera Stimazzi "Ombra mai fu" dal Chermesse di Mandeleiev
Francine de Lafosse "Son qual nave" dal Tortalchermesse di Azze
La divettona Fagiolia Sbattoli, che nessuno aveva notata quando cantò, con grande strepito di nari, la "Mazza glabra" di Roffini in Ascensore nel 1889, continua la sua folgorante ascesa verso i cieli della LSD (La Stilizzazione Devastanda) con questo nuovo programma, del quale ci attendiamo numerose (si fa per dire) esibizioni in pubblico come è del resto lei solita. Questa volta a passare sotto le avide fauci della belloccia cantante (nata lo ricordo nell'Apenzell da madre bergamasca, e perciò calabrese e da padre sudmessicano) è un repertorio poco conosciuto, quello delle Incastrate, ossia di quelle particolari cantatrici del secolo XVesimo cosìddette per la mole poderosa raggiunta dopo anni di studio severo, mole che consentiva a loro di ottenere quelle voci strozzate da oca all'ingrasso e che tanto hanno dato lustro a pagine di compositori stilizzatissimi quali Mandelejev, Azze, Rossoscuro, O Gallinaro ecc. ecc. Insomma, il repertorio favorito, ohimé, dei classicari di vecchia schiatta, prima che questi posassero gli occhi putti sulla produzione venerabile del grande Roffini.
Si legge infatti nell'obesa nota di accopagnamento al disco che le Incastrate, nel corso della loro formazione cominciata alla tenera età di 45 anni, e per ritardare, o addirittura interrompere il corso naturale delle cose culminanti in una avvampante menopausa, dovessero seguire un programma diurno e notturno di particolare e pesantissimo tenore. Cito dal libretto (che a sua volta cita il Tarziannus de Geine, trattatista coevo): "Le nobili pulzelle sul fiore degli anni, e prima che fortuiti calori le prendano (a segno del fior che sta molcendosi) seguiranno codesto regime ogni die et ogni notte alfine ch'elle preservino lungamente et più diuturnamente i caratteri lor belli di salute e rigogliosa baldanza juvenile. A mattutini albori assumeranno diconsi tre marmitte di tale preparato minestroso che i Toschi chiamano ribbolitta, a sesta due piatti fondi di fettucce di grano duro condite con salsa di salsiccia, a mezzodì due pasticci di maiale e rognoni di bue, a compieta sei torte di farro e strabaglione e più tardi, al Vespro, tutto sia lor concesso che non sia verde". La più celebre Incastrata, cui è stato dedicato anche un film di pessima fattura stilizzatoria, è rimasta la Farinellona, così nomata per le quantità sovrumane di pane e focacce consumate da mane a sera.
Ma veniamo alla Fagiolia, che, lo provano le effigi d'accompagnamento, ha compiutamente seguito tutte le indicazioni del de Geine. Salvo poi disattendere ogni indicazione sulle reali capacità (stiizzatissime) delle cantrici incastrate, e cioè quella del petulante filo di voce conseguente allo strozzamento dell'uvula contro la tiroide ipertrofica! Così la piacente (e sedicente, nonché sediziosa) divetta si lancia con la sua compassata, stentorea voce, in pagine che meriterebbero maggiore stilizzatezza (quella sempre) e forse più esagitazione inguinale, come le arie della Zelmiramide rimasta anonima di Rossoscuro, o la celeberrima aria di bonaccia scritta apposta dal cugino terzo della Farinellona per essere inserito nel Tortalchermesse di Azze, "Son qual nave" (e pare che fosse di gran effetto sul pubblico di allora la mossa graziosa con cui la Farinellona indicava i fianchi poderosi cantando quelle parole). Troppa voce, troppa continenza e poca stilizzatezza, dunque. Noi ricorderemo la celebre Coppiera Stimazzi in un vecchio cilindro cantare l'aria "Ombra mai fu" dal Chermesse di Mandeleiev (aria bizzarra cantata di fronte a un ombrellone difettoso), con ben maggiore sibilismo vocale e quindi stilizzatezza.
La Sbattoli è qui accompagnata dal gruppo classicaro L'Orto rumoroso. Buon pro le ha fatto perché 158 elementi sono appena sufficienti ad accompagnare il suo poderoso (e ultroneo) organo vocale.
Non forniamo il programma completo, perché questa volta è esageratamente lungo e copre quaranta dischi compatti... Senza nemmeno un'aria di Roffini!! E poi parlano di cultura! Comunque arie di Mandelejev, Rossoscuro, Azze, O Gallinaro, Tassi, Perdi, Nardi e altri della scuola dei Rantòli di Partenope in provincia di Strasburgo.
Ascolti:
Coppiera Stimazzi "Ombra mai fu" dal Chermesse di Mandeleiev
Francine de Lafosse "Son qual nave" dal Tortalchermesse di Azze
Turino, c'è uno sbaglio in quello che scrivi. La discografia completa del programma della Fagiolia a cui fain riferimento in sul chiudere il poderoso articolo di cui sopra, comprende ben 41 dischi compatti. Il 41esimo è andato perduto, o forse solo impubblicato. Io, dall'alto delle mie 'ntacinque primavere son portato a credere che sia stati imboscato da qualche marpione della Mecca Record che ha, senza ombra mai fu di dubbio (ahahahah, il giuco di parole è bellissimo!) capito il loro valore intrinseco. La divetta del canto destilizzato nel 41esimo disco compattissimo si cimenta in arie moderne se pur interpretate nello stile pseudo stilizzato (che a dire il vero a me fa schifo) derivante dalla scuola di Erpa Tata, cittadina rupestre e montana sita sulle sponde del mar Tirreno accanto alla nosta stazione sciistica di Torva Janica. La scuola di Erpa Tata ha come insegnante quel poeta maudit di scuola francese e di lingua latina arcaica che risponde al nome di Francois Kalif 'Hano e che ha chiare origini magrebine o forse anche tunisine per non parlare,scusi l'ardire, forse quasi marocchine. Kalif 'Hano ha scritto per la Fagiolia tre arie da camera, promettendo all'avvenente cantante di portarcela se si fosse ben comportata nello stilizzare i suoi brani. La prima delle tre arie è un aria di baule (che in camera ci fa semore la sua porca figurina!) usata nei momenti morti di un concerto o quando il pathos e la tensione calano. Si tratta di "Oltre al resto la noia" in cui la Nostra veleggia felice attraverso l'insidiosa partitura (dal Do -4 sotto al rigo basso al Re sovracuto +8 sopra al rigo alto in 1 primo, 3 secondi e 8 decimi: signori, nemmeno Mennea fece di meglio!) mostrando di avere assolutamente ( e dico: ASSO-LU-TA-MENTE!) ben compreso la stilizzata lezione sulla destilizzazzione e destrutturazione del canto stilizzato nella seconda metà del XX secolo.
RispondiEliminaOra devo uscire con una cantante contorsionista che mi farà ascoltare il "Sporge l'irato membro" (di cui le ho parlato ieri sera in altro loco) maneggiando a due mani l'oggetto dell'aria (il mio)
ahahahahahaha!!!
saluti
Elenio
Gentile Herrera,
RispondiEliminaspero che la sua sessione canora sia andata per il meglio e che ne sia rimasto soddisfatto.
In questo momento l'insigne Del Praz non può leggerLa giacché è rimasto in visita di piacere presso le porte Sacre di Fiorenza e si gode una soleggiata e ben meritata vacanza.
Posso solo dirLe che era quasi fatale che su 41 CD (cagate destilizzate) almeno una sfuggisse all'ascolto, d'altronde credo non sia ultronea né improvvisata considerazione dire che sarebbe stato sufficiente ascoltare un solo delle de cuijus CD per capire l'andazzo generale e anzi io avrei potuto recensire senza nemmanco ascoltare ma Gigì non è un essere stilizzato come me e ha ancora bisogno di comprovare quella grande stronzata che va sotto il nome di onestà intellettuale e cioè almeno ha fatto finta di sentire le de cujus 40 CD cosa comunque lodevole e di grande spirito di SACRIFIZIUM giacché io mi sarei fatto venire una gonadite ulcerosa solo all'ascolto dei primi due accordi dell'orchestraccia qui utilizzata.
Come sempre La saluto a piene mani, suo fido Donzelletta Leopardi.