martedì 29 settembre 2009

Grandi interviste: Magdi Allamvero, ossia il falsismo stilizzato


“La voce di Magdi Allamvero è quanto, e non è poco, dia al falsismo il diritto di esistere. Senza di lei, della sua SS e la sua conosenza della Stica questo abietto repertorio meriterebbe di venir sepolto sotto un’uggiosa coltre di putredine”. Così il Gabbietti, un Gabbietti italiano, nel suo “Trattatato completo del VCS”, per i tipi della celeberrima e lesa Casa Oscura.

Ci siamo dunque recati in un bel pomeriggio di pioggia a casa della signora Allamvero, che ha raggiunto da poco l’età invidiabile di 17 anni e 6 mesi, 150 dei quali passati a servizio del VCS, applicato però ad una delle piaghe più purulente prodotte dalla LSD, e cioè il cosiddetto falsismo, corrente inaugurata nel 1750ca con il film muto “L’Urlo silente”, protagognosta la Grantrota e culminante nelle orride pantomime della Cavalleria Urbana e dei Bagiazzi, di due autori che la
decenza stessa c’impone di mai nominare su queste pagine, nemmeno previa disposizione di ghirlande d’aglio e bucrani apotropaici.

La signora Magdi Allamvero abita a Roma, in provincia di Sanpietro, ed è nata come tutti sanno a Mediolano, provincia d’Arcore, anch’essa inglobata nelal provincia di Sanpietro. Questa è un’intervista corale giacché hanno presenziato Donzelletta (GDL), Trombettini (TT), Del Praz (GDP) e pensate addirittura la divina Pasta (GP) in collegamento intrasidereo.
Ma bando alle ciance, e eccovi l’intervista:

GDL: Gentilissima signora Allamvero, Lei sa che il Gabbietti, sommo nume tutelare e ministro eletto alle cose del VCS nonché uomo, ma che dico, uomo, superuomo, ma che dico, superuomo, nume insomma, ha scritto di lei cose straordinarie quasi come se il falsismo fosse giustificato solo perché lei lo cantasse un giorno quasi a dimostrare che davvero è la LSD il vero male di tutto giacché se lei con il VCS ha vinto sul VCM cantando falsismo ciò significa che il VCS potesse trionfare anche sul VCM cantando il falsismo, noto crogiuoli di ABS e commessi della ‘Standa?

MA: Veramente non ho capito una parola della sua domanda, ma non importa, le risponderò ugualmente perché mi sta tanto simpatico... Senta, il Gabbietti non so chi fosse né comprendo tutto questo suo parlare per aforismi privi di qualsiasi consecutio temporum e poi ignoro cosa sia il falsismo. Nel canto c’è una sola tecnica, che si voglia cantare il 500 o il 3000. E io modestamente questa tecnica la nacqui, ecco tutto.

GDP: Signora lei sicuramente sa chi sono io, sono Gigì del Praz, noto musicologo cinetista...

MA: Spiacente non l’ho mai sentita nominare ma prosegua pure, caro...

GDP: Sicuramente le sarà sfuggito di mente, con tanti ricordi che Lei deve avere... Ecco le volevo chiedere questo: che influenza ha avuto sulla Sua carriera il fatto che lei abbia cantato la parte di Adriana nel Rocky il Copritore di Mistacca sotto la direzione di Mistacca stesso?

MA: Trovo la Sua domanda alquanto obsoleta, mi permetta. No, io vorrei raccontarle questo, di Mistacca, con il quale ho lavorato con grande piacere e chi mi fece l’onore di scegliere me per cantare la sua Adriana nel Rocky il Copritore, dopo che avevo deciso di allontanarmi dalle scene un dieci minuti onde completare una mano di bridge... Insomma il Mistacca mi chiama, e io riattacco.... Richiama, ma io non me la sento di riattaccare una seconda volta al Mistacca, e così accetto. Ma volevo raccontarvi questo che mi è successo l’altra notte: ho sognato il Mistacca che riattaccava con questa storia dell’Adriana, e scriveva ADRIANA su un leggio tutto nero, e la parola Adriana era lucente, una cosa bellissima, e così ho detto: devo ricantare l’Adriana. Così ho chiamato Silvestro Montone e ci siamo messi d’accordo per riprendere il Rocky in Ascensore. Spero ci sarete.

GP: Se non abbiamo di meglio da fare sì, cara signora. Cucù, mi vede nello specchio sul pianoforte, sono io, la DP, la Divina Pasta. Senta, signora Allamvero, voglio metterla alla prova perché questa storia di stilizzazione un po’ mi subodora, se mi permette il termine... Io, che ho cantato la Legge di Bruttini, la Che Bambola! dello stesso Bruttini e altri opere veramente stilizzate le vorrei chiedere in cosa consistesse l’applicazione del VCS al repertorio falsista... Sentiamo, Magdi, sentiamo e aspettiamo fiduciosi...

MA: Ma nel vibratino da vero appoggio, per Diana... Che scherzi mi fai, Giuditta cara! Dal dì che mi conosci mi fai ancora di questi tranelli?

GP: Bene, sei stata attenta, ora vado perché mi chiamano la Benibran e la Saporita Didadini a sorbire il té (e sorbire anche loro, di rimando).

GDL: Gentile Magdi...

MA: Mi chiami signora Allamvero, è più prudente... più per voi che per me!

GDL: Va bene, gentile signora Allamvero... A proposito, vorrei che mi parlasse del ruolo della Rigida di Azzurri che lei ha così divinamente illustrato e di cui esistono solo pochi frammenti, oltre naturalmente al famoso microchip inciso attorno al 1839 per la casa discografica Ukulele...

MA: Oh, la Rigida... Ma vorrei parlavi con più ardore della Piedin Lesbò d’Intinggini...

GDL: Ma parli un po’ di quel che vuole, a sto punto...

MA: Eh certo, mi dovrei pure fare dei problemi? Allora, la Piedin Lesbò d’Intinggini è un’opera favolosa. Ricordo ancora quando la facemmo con Borromeo Bruttibuddini a Roncalceci o meglio ancora con Scatenato Sabatingo in quel di Zevio, sa, nell’arena comunale... Che ricordi, ma chi ormai canta più così...

TT: Mi riservo un’ultima domanda, signora Allamvero, per poi lasciarla tornare al ripasso della Sua Adriana...

MA: Ma come osa, giovinotto, io l’Adriana gliela saprei cantare anche a rovescio... “chiaror suo al stanca colomba bianca una come...”, vede?

TT: Sì sì, appassionante... Ma ora le volevo chiedere questo, se mi consente... Signora Allamvero, un consiglio per queste giovani generazioni che hanno smarrito ogni cognizione del VCS...

MA: Ancora con questo VCS? Giovinotto, parli italiano, la prego. Ad ogni modo un consiglio per i giovani è questo: LA MISURA! Quella la dà una cultura vera o una natura... spontanea... La Favina Masalda, per esempio, faceva delle cose che erano una cosa divina, e tutto con la misura, come d’altronde ho sempre cantanto anch’io. La misura, sì, sì, quella sempre... Specie nel finale della Piedin Lesbo di cui le accennavo poc’anzi o nella Deodora del grande Gange.

Ma è ora di salutare la celeste Magdi, e di congedarci dai nostri astilizzati ancorché fedeli lettori!

lunedì 28 settembre 2009

Piccolo glossario stilizzato

Dato che non confidiamo molto nella capacità apprenditoriale dei nostri lettori, e sperando di fare cosa gradita ai più e graditissima ai meno (che poi sono sempre i meno quelli che valgono di più, almeno così diceva il Gabbietti e se lo diceva lui così era), ho raccolto l'invito del nostro labronico critico Elenio Herrera a stilare un piccolo glossario per facilitare la vostra sempre fallosa stilizzazione. Per gli opportuni ringraziamenti potete lasciare un messaggio. Anzi, dovete. E soprattutto studiate perché non torneremo a spiegarvi queste banali ovvietà.


1) Delle SIGLE


1-a) Delle Sigle al bene rivolte


V.C.S.: Vero Canto Stilizzato


S.S.: Somma stilizzazione


A.D.S.L.: Assoluta e Divina stilizzazione lasciva (finora questo chrismon è stato affibbiato solo alla divina Pasta, anche se la Francine vi ha ambito e vi ambisce ancora, nell'ambito del VCS più spinto).


STI.CA: La Stilizzazione Canonica


CA.STA D.I.V.A.: Canto Statuario Dall'Inverosimile Valore Artistico (cfr. Coppiera Stimazzi)


S.ONT.U.O.SO: Suono ONTologicamente Unico (e) Oquantomai Sorprendente


1-b) Delle Sigle al male prone


V.C.M: Vero canto (di) merda


LSD: La Stilizzazione Devastanda, altrimenti detta Standa


A.B.S: Abominium Bonae Stilefactionis e cioè Abominio della buona stilizzazione


C.O.I.N: Canto Omertosamente Inquinato (da) Notepocostilizzate


C.O.O.P: Canto Orrendamente Orrendo (da) Peripateticafalsista


P.D.L.: Praticamente Da Linciare


2) Dei CONCETTI


2-a) Dei concetti al bene rivolti


STILIZZAZIONE: è l'ordine delle cose che sono in quanto sono perocché sono stilizzate, giacché chi non è stilizzato non è stilizzato e quindi non è.


STILIZZATO: è cioè che è stilizzato in contrapposizione logica con ciò che non è stilizzato e per dunque non è.


CANTO STILIZZATO: è, pertanto, ciò che è canto contrapposto a ciò che non è canto stilizzato e quindi non è canto ma orrendo latrato uterino da cantante falsista in pieno attacco di prurito dei canali di Fallopio.


VOCE SUONTUOSA: (cfr le sigle), è voce, dunque, oltre che sorretta da vera stilizzazione, capace di produrre suono ontologicamente unico e o quanto mai sorprendente.


MASCHERA: personaggio indispensabile nelle sale dei fastosi teatri, allo (si scrive anche "ha lo") scopo preciso di far risuonare dentro di sé le voci stilizzate e sontuose. [La definizione avrebbe potuto anche essere espressa in siffatto modo, per nulla ultroneo: "collo (si scrive anche "c'ho lo") scopo preciso ecc.", ma dato che non esercito il mestiere di maschera non mi pareva opportuno, giacché non ho lo scopo preciso di far risuonare alcunché dentro di me, specie quando ho mangiato leggero.


IMMASCHERATO: che canta con voce stilizzata e suontuosa nella maschera.


PASSAGGIO: dicesi passaggio l'insieme di note che una canto stilizzato sa promanare attraverso la maschera con voce suontuosa. Verbi gratia il passaggio temutissimo sol1-sol7 che tanto fa tremare le vene dell'inguine alle attuali Soffighebone e Gamelancia (cfr.Eleuterio).


2-c) Dei concetti al male proni


ASTILIZZAZIONE, NON STILIZZAZIONE: è ciò che non è stilizzato e quindi non è essendo contrapposto a ciò che è stilizzato perocché è e quindi è.


STILIZZAZIONE DEVASTANDA (LSD): radice da cui allignano tutte le male piante, s'è armata contro i sommi valori del VCS e diffonde nelle menti di chi l'assume la ria piaga del VCM.


ORECCHIO-MERDISMO, detto anche auralità fecale oppure, più scientificamente, diarrea introflessa del coclide: malattia sovente cronica ma ancor più spesso cronaca che affligge e infetta il 99,9 periodico della gente umana odierna. Questa malattia provoca la ricerca compulsiva di LSD, quindi di VCM. Si cura ascoltando la De Lafosse e pregando la Divina Pasta.


PREZZOLARISMO, mestiere scellerato di chi spaccia LSD.


2-c) Concetti mediani, ne buoni né puttani


ULTRONEO, ULTRONEITA': parola superna e superba, eccesso di ardore retorico, suono meccanico e sofisticamente demostenico, chiave d'ogni toppa, e ingranaggio espressivamente credibile, altezza e bassezza, immensità e chiusura, apertura alare e movimento di nari, spalancamento sulle porte spazio e temporali dell' horror vacui, strigliatura sagittale senza senso né sasso né sesso, procace ingarbuglio di connessioni intrinseche alle sinapsi dell'epimisio muscolare spiritico eppure, nel contempo e senza ombra del minimo dubbio, conciosiaccosacché sia cosa molto dubbiosa, ipostasi iperplasica dell'io superficiale ma anche profondo. Insomma, so una sega di che cosa voglia dire ultroneo ma intrippa un sacco il Donzelletta.


Per oggi è tutto, venerdì alle 14h30 la divina Pasta tiene a interrogarvi a sorpresa, e per questo ve lo fa sapere.




sabato 26 settembre 2009

C'è posta per la Pasta, vol.1 Breve scambio epistolare tra la Divina e Roffini

La Divina Pasta, assente per motivi del tutto giustificati e che comunque non vi deve alcuna spiegazione, poiché è già fin troppa grazia ricevuta che Ella si sia solamente abbassata a considerarvi dall'alto della sua megalopsichia e torreggiante eburneità di stilizzatezza, vi fa dono, affinché non ne sentiate troppo la mancanza, di alcuni suoi pretiosi ricordi, estratti dal suo poderoso archivio.

Cominciamo dunque con un breve scambio epistolare intercorso tra la Celestiale cantatrice e l'Onnipotente Maestro Roffini. Correva l'anno 1815 circa e la musa eletta alle arte stilizzate ricevette, da parte dell'illustre famiglia dei Felistrozzi Naselli degli Océani di Parma-Reggio, l'invito a esibirsi presso il Teatro Presidenziale della loro amena cittadina molisana onde sostituire l'ormai decotta Marfesina Puledrotti, che inoltre ormai s'era sposata, e quindi in Fuga. La psicagogica Giuditta aveva da poco superato la giovine età di 74 anni e mezzo, e, nonostante i suoi mezzi fossero del tutto integerrimi (e tali lo sono rimasti a tutt'oggi), per grande devozione ch'ella aveva per il Roffini, gli scrisse di suo pugno una breve lettera affinché il Maestro approntasse una revisione della stilizzatissima parte di Zelmiramide... Ma cediamo volentieri la parola, pardon, il Verbo, alla nostra savia imperatrice:

"Roffini dilet.mo,
a vergarti queste poche righe di supplica è la dolcissima amica Giuditta, per la quale non ti degnasti mai di scrivere una nota che foss'una (e non mi parlare di quella orribile parte da sguattera nella "Gita a Chartres") ma che graziasti con la tua somma Arte nel rifacere il grandioso tuo Tancretino, opera che cantai con la somma emissione stilizzata che ben sai e credo ti non essere humile oltre modo dicendo che in quella serata gloriosa, ove attinsi alle sfere più alte dell'Arte mia celeste, quasi bevendo dal labbro di Giove l'idromele squisito, tu mi guardasti con occhio pieno di dovuta gratitudine per il bene che feci all'Arte tua, che se ne trovò innalzata. Ma ben sai, Roffini mio, che sono modesta e che conciosiacosacché io sia giovine e molto, la scrittura della tua Zelmiramide mi pare non troppo adatta alla mia stilizzata vocalità odierna. E io, per fortuna dei numi, non sono la Marfesina. Perciò, dilet.mo, riscrivimi la Zelmiramide, e me ne sarai grato! Un dolce bacio sui tuoi mustacchi, tua sempre amica Titta"

Roffini, allora impegnato a scrivere le sue "Porcherie d'un bavoso" in un salotto buono del Calmy Horse di Lutezia, mandò ratto un MMS (Messaggio Massimamente Stilizzato) alla sua adorata Pasta. Riporto il testo nell'idioma originario di Roffini, il quale - lo ricordo per chi, astilizzato, lo ignorasse - benché nato a Loreto e perciò chiamato per ogni dove il "Fagiano di Lambrate", si esprimeva nel più puro dialetto di Bergamo, città onde discendeva l'augusta sua madre.


"Cara Giudì,

nun farmi riderè pecché teng e' allucì valgì ca' me piccian, propet’ te, cantà a' mia Zelmiramidè, a' ètà toja? Ma song uscitì pazzì e' Felistrozz? nun potevàn chiamà a' Grisì ca' almenò ce l''hà sempe sodè?! nun credò a' mie uocchi... Comunquè si propeto aia' cantarlà, pregà a' maronna e fai chello ca' vuoì. Io e' traspòrt nun te li facciò chesta voltà, ca' cu o' Tancretìn quasì me o' facevì sembrà na' stronzatìn e' Bruttinì. Jamme bella! Ma staje piangènd miserià? aie problèm e' soldì? sentì a me: io purè quann teng e' pezzè in front dicò vivà o' re e vaco proseguènd, ppe ciò primà e' fa' chesta scemènz, pensàc bbene.

o' toje carò Roffìn

Poscritt: ah te ricuerd chella dietà ca' me consigliàst, a vett’e vaccerr’, nun m'allicurd comm si dicè, beh comm vir' ra' fotografèll ca' te mandò ha funzionàt ppe grazià ro' Signorè! Nun te sembrò nu babbà? Stammì buonò!"


Alla fine la Divina rinunciò alla Zelmiramide, ma non certo per deferenza nei confronti del Roffini... Semplicemente il Felistrozzo fece una battuta infelice sullo stilizzatissimo decolleté della Diva, e lei rifiutò di esibirsi.

martedì 22 settembre 2009

Humanatio secunda in facie-de-culaginem Eleuterii plauditoris Gamelancae et Soffighebonae latrantium

Sono divinamente contrito del fatto che dovrò per una volta ancora rivestire i miei panni aviti di retore massimo e farvi tutta una stilizzatissima sbrodolata perché un povero minus habens ci ha di nuovo sfrantecato i maroni sulla divina De Lafosse e non pago di averceli ridotti a purea di marrons glacés ha pure deciso di andarsene invece di approfittare della nostra generositade che spagiamo a mani piene e poi ma per chi cazzo si crede di essere sto buzzurro?


La De Lafosse cantava non bene, di più e non è vero, assolutamente falso e degno di abominio imperituro pensare che fosse crescente ovvero troppo potente ovvero troppo controllata nell'emissione dei suoi acuti che parevano bucare il soffitto degli anfiteatri greci da quanto erano alti. No, la De Lafosse era tutti noi, la De Lafosse ce la faceva vede', la De Lafosse era maggica, caspiterina, ma che male v'abbiamo fatto noi eh? E che male v'ha fatto la Francine? Vado a dirlo alla maestro, uffi...

Eppure eccomi allora sin da ora e in questo ipsissimo istante pronto e prono a esibire tutta la mia gloria sintattica lanciandomi in un'invettiva pregna di sensi stilizzatissimi:

ELEUTERIO CI HAI ROTTO LA MINCHIA MA TI PREGO, RESTA E GODI DI NOI!! (E lascia perdere la Gamelancia e la Soffighebona)

Che dire, nemmeno il latino Chiacchierone era arrivato a tanto, m'inchino a me stesso.

E tanto per dimostrare che non ho detto cose mendaci, eccovi il confronto:

Aria della catena del cesso, dalla Negra e Cazziero di Roffini:

1) Cantata dalla De Lafosse, Loreto, città di miracoli, 1889

2) Cantata dalla Madrid, Loreto, città di miracolati, 1906

sabato 19 settembre 2009

salutino e Membro


E' con grande onere e onore che voglio salutare lo stilizzatissimo pubblico seguace di questo Blog.
I Tenutari del suddetto hanno richiesto una mia possibile collaborazione che accetto con grande gioja. Le mie competenze non sono degne dei signori Tenutari , ma ho l'orecchio assai buono e un fiuto ottimo nello scovare e reperire vere chicche stilizzate o anche no che sempre, e in modo ultroneo, metto a disposizione dello stilizzatissimo pubblico.


Dopo questa breve ed esaurita presentazione propongo una riflessione di ascolto per "Sporge l'irato membro", brano di cui ho già detto in conversari piacevoli e a tratti quasi salottieri, per non dire da caserma (mi scusino il termine!) sia con l'amico Gigi che con il Donzelletta (che pur finendo con la A trattasi di un uomo, cosa che agli inzi della mia frequentazione mi ha lasciato stupefatto per come venga ridotta la lingua italiana con gente di una ignoranza allucinante che non sa che se un figlio nasce maschio si deve chiamare con la O e non con la A. Comunque questa è una parentesi lingustica e qua la chiudo). Dicevo che, per non perdere il filo del discorso cosa che tendo a fare in modo assai ultroneo ma non ci posso fare nulla, anche mia mamma era così, sarebbe bene cercare di stabilire se l'aria del Membro (come vengono chiamate questo tipo di arie che con le arie da baule, quelle di riempimento e quelle di paragone rendono esatta l'idea della cosa a cui alludono, insomma: il Membro allude al sesso mascolino così come il paragone con uno scoglio allude allo scoglio) sia passibile di una degna stilizzazione o sia una semplice e volgare ariaccia baroccheggiante per non dire baraccheggiante.
Certo che molto fa pensare il fatto che l'aria del Membro venga associata alle arie da Riempimento, fatto che porta a facili sconcerie da avanspettacolo, perdendo tutta la sua dignità e svilendosi di molto, ma assai di molto.
"Sporge l'irato Membro" venne scritta per il famoso castrato Giuliettina Manfrè, che essendo castrato assunse quasi da subito il nome da donna perchè NON è assolutamente vero che un castrato resta maschio a tutti gli effetti ma, come dice nel suo trattato "Un sigaro co' ciuffi" la sociologa Waldemara Capece Stroganoff: "l'omo è omo solo se ha le palle e solo con le palle si può usare il sigaro co' ciuffi, cosa che rimette al mondo quasiasi Donzella".
La Manfrè portò al successo l'aria nel breve spazio di un mattino, o meglio, nel breve spazio di una notte brava: era il 1694 (o il 1964, ma cambia assolutamente poco) e tutta Parigi impazziva per lei. La ragazzona alta, snella, bionda fulva, occhio glauco e baffetti da furetta cantò l'aria del Membro nella pretiosa, ancorchè pretestuosa, Salle Topier a Pigalle durante il concorso per Miss Trans e fu il delirio. Le gambe affusolate chiuse in calze a rete color fumo di Londra, con la virile peluria che occhieggiava dalla rete, non bastarono a distogliere l'attenzione dei presenti dall'irato membro sia cantato, sia mostrato.
Vero è che la registrazione della serata, da me rinvenuta in un Music Porno Store di Amsterdam, presenta qualche lacuna e non è possibile apprezzare il pieno splendore stilizzatissimo dell'aria: fischi, schioccchi, sciacquettii e ronzii disturbano il 125% della registrazione, il restante 75% viene nascosto da una voce che urla: "Ollelè, Ollalà faccela vedè, faccela toccà" il che rende esattissima l'idea del clima che si respirava nella serata.
Fermo restando che questa è l'unica registrazione conosciuta dell'aria del Membro possiamo, quindi, dirci assai ben soddisfatti della resa acustica derivante dal fatto che solo il 200% totale della registrazione è praticamente rovinato.
Non mi sento di mettere la mano sul fuoco per giurare che l'aria del Membro (Member's air, in inglese) possa poter esser definita claro esempio di Stilizzazione Canonica ( 'Stica): la Divina Pasta mai l'ha cantata e, a onor del vero, non so nemmeno se sarebbe stata in grado di produrre gli ultronei colpi di glottide che permettono alla Manfrè di pervenire ratta e repente al Do#alla 14° (virgola 3 periodico) nota che così ben caratterizza tutto il Membro.
L'accompagnamento con Violone d'amore, Viola da gamba e Arpeggione presenta caratteristiche di sconcertante concertino.
L'edizione da me recensita è per i tipi della Fava Records. $ 245,05. Edizioni Esaurite.

giovedì 17 settembre 2009

Mezze seghe a chi? Tomo I: Padovona Luna


Inauguriamo oggi con questo pretioso articolo una serie di articoli dedicati a vari/e cantanti/e generalemente considerati dalla plebe indegna come mezze seghe e che verranno analizzati con somma nostra scienzia in questi articoli.

L’altro giorno rimettendo ordine tra gli scaffali dei nostri cilindri con grande mio disappunto perché quella sbadata di Mona Monda nostra serva da tempi immemori non aveva sdiragnato le ragnatele e ecco che in mezzo alla polvere trovo due dischi compatti che mi tornano furtivamente in memoria rimandandomi ai tempi in cui ebbi una lite furibonda tanto che addirittura gridai “per dincibacco” io sempre così attento alla forma e alle buone maniere dicevo litigavo con sto coglione d’un troglodita con le orecchie ripiene di merda che diceva che Padovona Luna fosse una mezza sega di cantante mentre io sostengo che avercene oggi che ci si spellerebbero le mano e staccherebbimo le corde vocali se la sentissimo in Ascensore dove ormai s’ascoltano solo gli strappi uterini di certe lavative che nemmeno la Monda ma lasciamo stare che mi girano le palle solo a pensarci.

Dicevo eziandio di Padovona Luna una cantante molto brava rispetto alla melma che ottunde gli odierni palcoscemici e che rimpiango con molto rimpianto anche se devo dire che dal punto di vista strettamente dell’interpretazione la signora non fosse del tutto esaudiativa conciosiacosacché fosse stilizzata abbastanza da non risultarmi completamente ultornea all’orecchio stilizzato. Questa bella topolona biondina era nata se non ricordo male dalle parti del sud Tirolo e ciò vuol dire che era un po’ tanto terroncina ma chi se ne cale o se ne cala le brache, nessuno rispondereste avendo qualche ragione di pensarlo. Fece molta gavetta cantando la Legge di Bruttini a Tokyo in Brasile e qualcos’altro dalle parti di Bratislava in Sud Corea ma ora i dati mi sfuggono e tanto è di scarso interesse e è già tanto che mi sfrantechi gli ubertosi maroni a parlare di costei ma devo dire che comunque un po’ mi ci piace perché ad esempio quando cantava la Rigida di Azzurri ebbeh non c’era per nessuno perché faceva dei bei filati che nemmeno la Grandonnona quella che nelle sue scarnificate etsi stilizzatissime spoglie riposa presso il sacro campo delle porte Sacre a Fiorenza dove rimanemmo a rimirar le stelle ecc. Ecc.

La Luna certo non scatevava le maree dell’entusiasmo questo no ma sempre è stata una solida professionista del buon canto con decenti punte di stilizzatezza specie nel settore medio acuto e nel passaggio sol3-sol 7 dove la voce raggiungeva una qualche penetratività e anche più di qualche... Ad esempio è un piacere sentirla nella scena della picche nicche nel Ballo delle debuttanti, fascinoso vaudeville di Azzurri, dato a Sao Paolo in Giappone l’anno 1867 con il grandissimo tenore azzurrista reggino Bruttibuddini... Gran figata davvero direbbe il nostro caro e petulante amico Bellacutella...

Altri tempi, altre voci, altro che mezze seghe... Se quelle poi erano mezze seghe quelle di oggi cosa sono, in proporzione? Ghigliottine elettriche... ahahah, sono stilizzatamente molto simpatico.

Ecco gli ascolti:

Padovona Luna

La Rigida d’Azzurri: gran scena del prim’atto
Aria del atto quarto

Il ballo delle debuttanti d’Azzurri: Aria del picche nicche e scena del prato (con Bruttibuddini)

Il Cercarobe d’Azzurri: Aria del prim’atto e duetto del quart’atto (con Achillini)

martedì 15 settembre 2009

Evviva il forchettone... Quando Fagiolia si mette a dieta

Per continuare la serie cominciata con tanta vis polemica dal nostro celeberrimo critico musicale Del Praz mi accingo a scrivere qualche sconsolata riga su questo nuovo parto della casa discografica di Islamabad MECCA. Grazie ai nostri potenti mezzi, decorrenti dal sovrumano VCS, siamo riusciti ad ascoltare quasi il 73% di quest'album che verrà reso disponibile nelle migliori discariche (videlicet negozi di dischi) a partire da metà del prossimo mese, alla peggio.



La divettona Fagiolia Sbattoli, che nessuno aveva notata quando cantò, con grande strepito di nari, la "Mazza glabra" di Roffini in Ascensore nel 1889, continua la sua folgorante ascesa verso i cieli della LSD (La Stilizzazione Devastanda) con questo nuovo programma, del quale ci attendiamo numerose (si fa per dire) esibizioni in pubblico come è del resto lei solita. Questa volta a passare sotto le avide fauci della belloccia cantante (nata lo ricordo nell'Apenzell da madre bergamasca, e perciò calabrese e da padre sudmessicano) è un repertorio poco conosciuto, quello delle Incastrate, ossia di quelle particolari cantatrici del secolo XVesimo cosìddette per la mole poderosa raggiunta dopo anni di studio severo, mole che consentiva a loro di ottenere quelle voci strozzate da oca all'ingrasso e che tanto hanno dato lustro a pagine di compositori stilizzatissimi quali Mandelejev, Azze, Rossoscuro, O Gallinaro ecc. ecc. Insomma, il repertorio favorito, ohimé, dei classicari di vecchia schiatta, prima che questi posassero gli occhi putti sulla produzione venerabile del grande Roffini.

Si legge infatti nell'obesa nota di accopagnamento al disco che le Incastrate, nel corso della loro formazione cominciata alla tenera età di 45 anni, e per ritardare, o addirittura interrompere il corso naturale delle cose culminanti in una avvampante menopausa, dovessero seguire un programma diurno e notturno di particolare e pesantissimo tenore. Cito dal libretto (che a sua volta cita il Tarziannus de Geine, trattatista coevo): "Le nobili pulzelle sul fiore degli anni, e prima che fortuiti calori le prendano (a segno del fior che sta molcendosi) seguiranno codesto regime ogni die et ogni notte alfine ch'elle preservino lungamente et più diuturnamente i caratteri lor belli di salute e rigogliosa baldanza juvenile. A mattutini albori assumeranno diconsi tre marmitte di tale preparato minestroso che i Toschi chiamano ribbolitta, a sesta due piatti fondi di fettucce di grano duro condite con salsa di salsiccia, a mezzodì due pasticci di maiale e rognoni di bue, a compieta sei torte di farro e strabaglione e più tardi, al Vespro, tutto sia lor concesso che non sia verde". La più celebre Incastrata, cui è stato dedicato anche un film di pessima fattura stilizzatoria, è rimasta la Farinellona, così nomata per le quantità sovrumane di pane e focacce consumate da mane a sera.

Ma veniamo alla Fagiolia, che, lo provano le effigi d'accompagnamento, ha compiutamente seguito tutte le indicazioni del de Geine. Salvo poi disattendere ogni indicazione sulle reali capacità (stiizzatissime) delle cantrici incastrate, e cioè quella del petulante filo di voce conseguente allo strozzamento dell'uvula contro la tiroide ipertrofica! Così la piacente (e sedicente, nonché sediziosa) divetta si lancia con la sua compassata, stentorea voce, in pagine che meriterebbero maggiore stilizzatezza (quella sempre) e forse più esagitazione inguinale, come le arie della Zelmiramide rimasta anonima di Rossoscuro, o la celeberrima aria di bonaccia scritta apposta dal cugino terzo della Farinellona per essere inserito nel Tortalchermesse di Azze, "Son qual nave" (e pare che fosse di gran effetto sul pubblico di allora la mossa graziosa con cui la Farinellona indicava i fianchi poderosi cantando quelle parole). Troppa voce, troppa continenza e poca stilizzatezza, dunque. Noi ricorderemo la celebre Coppiera Stimazzi in un vecchio cilindro cantare l'aria "Ombra mai fu" dal Chermesse di Mandeleiev (aria bizzarra cantata di fronte a un ombrellone difettoso), con ben maggiore sibilismo vocale e quindi stilizzatezza.

La Sbattoli è qui accompagnata dal gruppo classicaro L'Orto rumoroso. Buon pro le ha fatto perché 158 elementi sono appena sufficienti ad accompagnare il suo poderoso (e ultroneo) organo vocale.

Non forniamo il programma completo, perché questa volta è esageratamente lungo e copre quaranta dischi compatti... Senza nemmeno un'aria di Roffini!! E poi parlano di cultura! Comunque arie di Mandelejev, Rossoscuro, Azze, O Gallinaro, Tassi, Perdi, Nardi e altri della scuola dei Rantòli di Partenope in provincia di Strasburgo.

Ascolti:

Coppiera Stimazzi "Ombra mai fu" dal Chermesse di Mandeleiev

Francine de Lafosse "Son qual nave" dal Tortalchermesse di Azze

Francine de La Fosse ossia il vero canto stilizzato


Un coglione ignorante e oltremodo ultroneo ha osato spandere la sua merdosa ignoranza sulla chat dicendo cose indegne su un vero mito del canto stilizzato, irraggiungibile esempio di preclara virtù canora e irripetibile dispensatrice di divine libagioni celesti ovunqu'ella cantasse e tanto che quando alzava la sua voce il volo verso i lidi del perfetto amore i suoi acuti parevano far risuonare tutte le campane della provincia di Sanpietro anche s'ella cantasse nel suo sacello sacerrimo al nume Gabbietti ovverossia l'amena spiaggia eletta di Francina Marta in Val Camonica dov'ella ogni inverno riempiva l'aere di rose e fiori d'ogni balsamo divino, punto e punt'e virgola.


Ora dato che voi avete le orecchie ripiene di merda andata pure a male e siete di un'ignoranza che nemmeno un manovale circasso e non si prenda questa affermazione per espressione di qualche ultronea nostra inclinazione a considerare ignoranti i manovali circassi ma dicevo --:;: che benché voi siete ignoranti e nemmeno si possa pretendere da voi financo la volontà di raggiungere il nostro livello di stilizzatezza superiore o semplicemente di superiorità manifesta ma almeno risparmiatevi di dire cazzate di quella portata perché a noi rischiano di uscirci gli stilizzatissimi e sintatticissimi occhi dalle orbita sacerrime e a voi che vi si tratti non proprio bene contrariamente a come siete abituati a essere da noi trattati nella nostra magna bontade. Capito infimi?


Ma solo per vostra informazione posso a difesa, ma che dico, di difese la divina De la Fosse proprio non ne necessita, ma comunque per farvi capire quanto ignorante e piccolo e troglodita è quel coglionazzo che l'ha qui presentemente criticata vi dirò solo questo, ad onta anche di tutti quei scimiettini che si piccano di restaurare chissà quali canoni d'interpretazione della musica ossia i classicari che poi altro non sono che parti puteolanti e scagatini del ben più feso, leso e ledente falsismo insomma questi vogliono farci credere che il diapason era variabile mentre la De la Fosse i cui acuti s'accordavano sempre a 215 hz/s dimostrano perché la De la Fosse non poteva sbagliare e aveva l'intonazione relativa, l'unica vera intonazione stilizzata, insomma ciò dimostra che il resto è tutto una cagata pazzesca e che così si deve cantare, punto e virgola, anzi punto e croce. E poi andate un po' tutti a farvi una purga ma prima dalla bocca perché mi sa che gli stronzi vi escono più da lì che dal naturale orifizio... Dio mio cosa si deve leggere, per dindirindina ecc. ;9;s,s,


Ecco il programma del concerto, ovviamente dell'unico compositore degno di essere cantato da cotanta grazia ipermondana:


ROFFINI (e chi, sennò):


1) Cantata della Giovannona Coscia Lunga

2) Aria di Arsacolm della Zelmiramide

3) Rondò di Isjard'ha dall'Algerina a Lampedusa

4) Aria di Cazziero dalla Negra e Cazziero


e tanto basta. Allegata la locandina originale del concerto, avvenuto nella gloriosa (olim) città di Capistronfoli sulla Frascapendente nell'ormai lontano 1871.

lunedì 7 settembre 2009

Pippo Lebusky, tenore-contro - LSD



S’inaugura oggi una serie, se mai avrà un seguito il presente articolo, di recensioni dedicate a artisti che oggi vanno per la maggiore a causa del degrado culturale, della destilizzazione e dell’incapacità dei modesti cerebri degli uomini odierni a potere cogliere, pur nella semplice intuizione di chi non può sapere, la presenza del VCS tra di noi.

Cominciamo dunque da questo disco uscito da qualche tempo per le stampe della casa discografica albanese Svirgin. La copertina già di per sé (una rondine non fa primavera, ma in questo caso lo fa davvero, ed è cosa mirabile) è aberrante: un uomo barbuto, in posizione assai poco languida e adatta al suo sesso, con in prospettiva un orinatoio pubblico ove un vero uomo non andrebbe mai a espletare i suoi stilizzati bisogni. Passiamo al titolo dell’album, provocante quanto basta ma, dopottutto, in linea con la triste andazzo attuale delle coscienze dormienti: LSD, sigla indicante, come forse non sapete, La Stilizzazione Devastanda, menglio conosciuta come Standa, luogo di perdizione persino di quelle rarissime anime ancorate al verbo del VCS. LSD dunque non è soltanto un biglietto andata e ritorno verso i lidi del nulla, ma anche e soprattutto quel principio di ogni male da cui allignò negli anni 1750 il falsismo più becero e pornografico. E ecco che, quasi a sugello di tanta opera di destrutturazione stilizzatoria la Svirgin intitola addirittura e con sfacciata arroganza un disco a codesta famelica bestia, sacrificio indegno ed immondo, opera del male e destinata a genti abiette.

Passiamo dunque al programma, e quivi è visibile tutto il male che lo LSD s’arma a diffondere per l’universo mondo: non già portentose arie di Roffini ma ariette “da gabinetto”, che i falsingardi operatori della più bassa cultura antistilizzata vogliono diffondere come opere di alto ingegno. Quante tenebre gettate ai volti onde mascherare il lume del vero! E dunque cosa ascoltiamo in questo putrido disco compatto, Numi eterni! Un omone dalla voce fonda e grassa, il tenore-contro Lebusky (che senso ha usare queste voci di cui in tempi più sani non volevano nemmanco i registi di film maialecci) che immaginiamo barbuto e villoso adagiarsi scomposto su una coppa di ceramica a dare sfogo alle sue smanie intestine... Tutto il contrario di quella virilità stilizzata, maschia e potente che esprimevano i virati cantori e di cui il Biondini fu l’estremo rappresentante in quel di Francina Marta sotto la guida e il bastone amorevole del Gabbietti!

I vulgarissima fragmenta qui incisi con quella voce orrendamente animalesca sono esempio manifesto del male che ci circonda. Non fatevi ingannare e seguite la sola, unica, vera via del VCS, senza mai lasciarvi tentare da quegli artificialissimi paradisi olezzanti.

Gigì del Praz
Il programma pseudo turale e realmente cul:


Rinaldo Hi-Han: Al Chilly mentolato
Fagolia Camminata: Il buio (re)cesso
Romino Massenevada: Lamento sulla coppa
Michele Vero-Mi: Nell’opportuno vaso
Edmondino Calzetta: Il culo a libri
Michele Vero-Mi: Primavera floreale
Fagolio Camminata: Mio nonno (dalla raccolta delle Emorro-Odi)
Rinaldo Hi-Han: Brache calanti
Edmondino Calzetta: Deodora-Lillà
Edmondino Calzetta: Papilloma virus
Rinaldo Hi-Han: L’odore squisito