Cari e lesi lettori,
ancora una volta, per sua grazia ineffabile, l'oltremondana Giuditta mi concede queste succose chicche tratte dal mio poderoso sapere. Oggi voglio dilettarvi con la storia delle genesi della famosa opera “La Legge” di Perdenzio Bruttini, che per la divina Giuditta compose specialmente le opere “La Legge”, data in Ascensore l'anno 1x31 e la Che Bambola!, quasi contemporanea.
Correva il 1x31 e il tale Naposilveone scese dai monti a scompaginare la resistenza italica. Quivi trovò i suoi quartieri nella bella cittadina di Mediolano in provincia di Arcore, oggi sotto la giurisdizione di Sampietro e riprese in mano il bel teatro Ascensore. Naposilveone lo fece “aggrandire e abbellire d'ogni belluria”, così si legge almeno nei “Res gestae Naposylvionis doctissime exemplatae manu Aemilii de Fide canzellarii eius”, ritrovato in un codice miscellaneo appartenuto ai conti Semeladai Gratie del ramo Celomoll y Megratas y Noprendov y Agras. Così prosegue l'avita cronaca: “L'altissimo prence d'ogni bella plastica munito, ch'ogni anno andava lieto a vileggiare onde parir più bello in redditu suo, penzò anchor adornare con musica bella siffatto teatro e onde ciò facere mandò al maestro della cappella sua, Bordon de la Picella, di componere picciole gavotte e frotterelle delle cui quali grande aveva sperienza, in ispezie barcarolle e fior da rosto. Ma il brav'omo, che troppo avea sofferto dell'essere servo a cotanto divo, preferito havea libertà parcatella a magno magnare, talché s'era ito nell'isole lontane e si trovò adunque il Naposylvione privo di musici e cappella. A tanto non valse la strana ventura onde recar scoraggiamento al nobile viro ch'adunque si volse a miglior vassallo: il Brutini, ch'allor biscazzava lieto di buona gioventude et ardore in quel di Cremona apud certa sua dulcissima amante. Mandò dirgli che volea, il forte Artabano, che fosse per esso Brutini composita qualche melopea di savia contenenza, a ciò che meglio reggesse in giusto e puro governo suo popol beato et d'ogne grazia fornito. Brutini, che havea in gran dispitto il vacuo del borsino, arrise tam lieto al lieto incarco. E così componette “la Legge”, che tratta parea da antichissima compositione onusta d'anni et gloria, e che andava sotto nome assai desueto e strambo sonante come “Costitugione” o “Costitutione”, difficile memoratu. Affidò gli stromenti, il santissimo pastore, a quell'anima ebra di luce che il volgo clamava a gran voce “Alì fanò, alì fanò” omniquandocumque appariebat. E diede voce e spirto a tanto spiro d'artistico seme la condegna cantrice Iuditta Pasta, ch'allor regnava sull'Italica sclatta delle musiche dame”.
Le fonti dunque parlano chiare, e non ci sarebbe nulla da aggiungere sul contesto storico in cui questo poderoso melodramma, o meglio Tragedia, trovò a collocarsi. “La Legge”: dagli atti del Teatro si evince che Bruttini la compose in sole due ore ; gli bastò infatti, come emerge in tutta chiarezza da un attento studio di quella strana opera desueta detta “Constitutio rei publicae”, stralciare ogni passo che non confacesse pienamente all'alto disegno dell'augusto committente e armonizzare il resto nella tonalità gioviale di SI-FA-SOL (PER M.E, videlicet per Modulationem Enharmonicam).
La trama è in sé quasi banale: La Legge (soprano) è figlia di Placcateso (basso), sacerdote di Tivoincul, dio del Falso. Da anni essa drudeggia con Piduone (tenore), comandante di una legione della tribù Frimasonia. Essi nutrono due figli: un maschio, Gamorro, e una femmina, Mapphia. E poi quanti altri, il libretto non lo dice, ma si suppone soltanto. Un bel giorno Piduone tralascia la Legge per l'avvenente Cunzubalda, della tribù dei Brambbili, e la Legge s'inviperisce. Alla fine Legge e Piduone spariranno in un gran falò, per installarsi nell'iperuraneo, lasciando il tutto in mano a Placcateso e ai loro figli.
Più complessa la composizione, specie per le giustissime richieste della protagonista. Ma circa questo v'invito a leggere la prossima puntata di “C'è posta per la Pasta” (volume 91) in cui il Cazziere vi svelerà il carteggio tra la levissima cantatrice e il suo diletto Bruttini.