venerdì 2 ottobre 2009

L'Urlo silente (1750ca), ossia De principio malorum



Poiché ci sembra cosa asssai giusta mettere in guardia i nostri lettori dall’errore più comunamente diffuso e fatale nel quale incappano a causa della loro DRC (diarrea retroflessa del coclide, volgarmente orecchiomerdismo), ci duole scrivere anche di quegli abomini che hanno costellato la storia del canto e dell’umanità nella sua lunga, ed o quanto mai insidiosa, strada verso la riunificazione con il VCS e la SS.

Vi fu in un tempo remoto, età dell’oro del genere umano, in cui il VCS regnava sovrano in ogni teatro e, cosa che desta ancor più maraviglia, in ogni privata dimora. Le fanciulle si facevano incastrare, i fanciulli evirati o virati gorgheggiavano da mane a sera, persino gli avi trovavano, accanto al focolare, il tempo e il gusto d’intonare ardite e volubili frottolle e pinzillacchere di sublime effetto, specie nelle dolci ore di compieta. Dal cielo cascava pioggia d’idromele, dalla terra spuntavano zolle d’oro pretioso. Le pareti erano d’alabastro e le tende di porpora. Su tutti, concordi in piena e santa letizia, aleggiava l’afflato dolcissimo del Vero Canto Stilizzato, le cui sacre leggi erano custodite nel tempio avito della Stica, sovra un colle aprico sempre arieggiato e i cui dolci effluvi molcevano il cuore, là, di fronte alla tomba della Grandonnona, nello spazio intersidereo delle Porte Sacre in giuso il colle ove s’erge maestoso il centro benessere San Miniato.

Ma un dì – oh! Giorno infausto all’umana stirpe – il veleno del male scelse, come l’umore d’un aspide inferocito, di spandersi in gran copia tra le vene dell’universo mondo. Proprio nella grande città di Fiesole, che su Fiorenza comanda, nel suo teatro una volta sì bel, si decise di mettere in scena un’orrida rappresentazione infesta, che venne chiamata film, sigla degenerante da cui sommi studiosi (tra i quali io stesso) hanno estratto l’acronimo Falsismo Illumina Lo Mondo, e questa terribile visione di marcescente disvalore artistico, priva d’ogni CA.STA D.I.V.A., ebbe titolo “L’Urlo silente”. L’autore, innominabile (tolga Iddio!), sferra ancora numerosi attacchi biliosi, qualche sera d’autunno, attorno all’avello sacro e benedetto della divina Grandonnona, che allora, in quel 1750ca pieno di luce, in cui i fiorenzini, ignari della catastrofe che gravava sul lor capo, si recavano giocondi e gai a premiarla, con plausi di gloria, offeriva i suoi pretiosi involi alla Rigida d’Azzurri, che quasi pareva esser stata scritta per lei sola.

Ma dopo la prima recita ecco che, al mattino, su una gazzetta locale nomata “Oracoliere” comparve l’annuncio dell’obbrobrio imminente... Dice l’orrendo frontespizio: “Stasera, presso il Gran Teatro di Fiesole, a’ diletto delle vostre anime perverse, la Grantrota rappresenterà un’opera nova, nomata l’Urlo silente. I posti a sedere sono locabili presso Giannetta alle Cascine”.

Ed ecco i fiorenzini correre goduriosi in quella landa di perdizione a trovar Giannetta, la quale lasciva vende a loro gran copia di cartule onde poter sedere nel vasto teatro di Fiesole. Ed ecco i fiorenzini salir la china che monta al piano, ed ecco tremare, a distanza, la sacra fiamma del sacerrimo sacello alle Porte Sacre. La Stica freme, la Stica infiamma! E cominciano a sentirsi le dolenti note spargentisi per l’aere in tuon di morte: la Grantrota intona l’aria del Silenzio, e questo Silenzio diventa un urlo uterino, strazievole, che permea l’aere di sterco, e i venti mefitici gonfiano, sorgono, impazzano e fuggono per ogni calle. Le ancelle votate al culto della Stica escono affrante dal sacro loco, le loro stilizzatissime note s’alzano indarno contro quest’ondata di lussoriosa melma che intride lo mezzo. Cantano le ancelle, ed ecco giungere la Divina Pasta, la Benibran, Cleptini, la Farinellona e quanti possano far scudo, con la loro pratica del VCS, a tanto atro prodigio.

A nulla valse, ahinoi, giacché il male vinse quella pugna. Il sacello fu svelto dalla valle degli avelli, vi s’accrebbe un cratere increscioso sul crinale. E il VCM scese tra noi. Ma una pugna non fa la guerra! E guerra sia sempre a codesto nemico del bene!


Le illustrazioni, provenienti dalla purtroppo dispersa collezione del conte Semela Daigratie, raffigurano la prima pagina del numero suddetto dell'Oracoliere e una rarissima effigie della Grantrota nella Lucia di Ambipur di Petezetti. L'ignaro artista ha scritto, a lapis, la leggenda "La signora Grantota (sic!) nell'opera Lucia di Ambipur".